testimonianze + 2006 aprile 10 Guatemala

 

Care amiche ed amici delle ragazze e ragazzi di strada,

 

Mentre vi scrivo stanno per chiudersi i seggi elettorali in Italia e spero che i risultati delle elezioni manderanno al Governo persone sensibili alla giustizia internazionale, ai diritti di tutti i popoli e alla solidarietà con i poveri e gli esclusi della terra.

 

Vi auguro una buona festa di Pasqua, ossia di speranza nella liberazione dei poveri, di vita piena e abbondante anche delle ragazze e dei ragazzi di strada.

 

CELEBRAZIONE DELLA MORTE

 

Rimarrò durante la Settimana Santa nella capitale del Guatemala. Per capire alcuni aspetti dell’anima della classe dominante di questo paese, è utile vedere passare le processioni organizzate da ogni parrocchia importante: ci sono confraternite dove i soci e le socie pagano somme elevate non solo per gli abiti sontuosi ma anche solo per partecipare. Soldati romani, sacerdoti e farisei, gente del popolo, discepoli, madre di Gesù e pie donne con la Maddalena, sfilano per le vie della capitale e seguono, accompagnate da musiche funebri, lunghe piattaforme con immagini realistiche del Cristo crocefisso, che penitenti incappucciati portano sulle spalle. La settimana santa è una celebrazione della morte, molto più che della resurrezione, e non c’è da stupirsi se molti ufficiali dell’esercito fanno parte delle confraternite più ricche. Loro e i loro padroni da secoli crocefiggano i poveri Cristi della campagna e della strada.

 

La cultura della classe dominante, in Guatemala e nel mondo odierno, è una cultura di morte, di restrizione della vita della maggior parte della popolazione, di negazione del diritto alla salute e a un tetto e di pulizia sociale. Non è un caso, mi sembra, se il Guatemala sia uno dei paesi più violenti dell’America Latina, con più di 10 assassini ogni giorni.

 

MORTE E RESURREZIONE IN STRADA

 

Le ragazze e i ragazzi di strada pagano un pesante tributo alla morte. Qualche giorno fa, è stato ucciso senza pietà un ragazzo del gruppo della Bolívar chiamato “el altón”. I ragazzi di strada chiamano gli autori di questi delitti i sicari, ossia persone pagate per compiere la così detta pulizia sociale. Nel corteo goliardico di venerdì scorso, gli studenti dell’Università pubblica San Carlos, che da qualche anno hanno rinunciato a perseguire le ragazze e i ragazzi di strada, chiedevano a voce alta la pulizia sociale. Però chiedevano che fossero dimissionati il Presidente, il Governo e tutti i parlamentari del Congresso guatemalteco. È una rivendicazione questa che può essere condivisa, anche se manca in Guatemala un’alternativa politica allo strapotere della vecchia classe dominante.

 

La morte è un incontro quotidiano nella strada. Molti di voi sanno della morte di Carlita, la madre di Gerardo, una ragazza allegra, socievole, della quale molte persone che sono venute in Guatemala si ricordano con affetto. Da alcuni mesi, viveva alla “Terminal” (capolinea di molti autobus che vanno nel Nord del paese). La “Terminal”, come la diciottesima strada, è uno dei luoghi dove si sono formati i primi gruppi di strada. È un quartiere popolare pieno di vita. Non è facile camminare nelle strade ingarbugliate tra gli autobus e i tavoli pieni di frutta, di verdure che quotidianamente  arrivano dai campi.

 

Nella “Terminal” c’è un luogo detto “el hoyo” (il buco), pieno di bordelli e di cantine dove si vendono alcol micidiale e donne, anche minorenni. Un posto, si direbbe squallido e pericoloso, in apparenza lontano dai nostri valori morali, ma che manifesta l’intensità della vita e non manca di solidarietà..

 

In questo luogo viveva Carlita. Lei non offriva servizi sessuali per sopravvivere, chiedeva l’elemosina per pagarsi un posto per dormire e il pessimo alcol che consumava nella cantina che le serviva da casa. Dopo l’apertura della casa dell’Otto Marzo, sono andato con Mayra e Luvi per cercarla. La padrona della cantina, che non voleva rinunciare al suo guadagno, ci disse che se n’era andata, ma grazie a una ragazza che poteva avere sedici anni, dolce, dallo sguardo triste, che teneva in braccio un bambino di qualche mese e che per sopravvivere offre servizi sessuali, siamo riusciti a rintracciarla. Subito, Carla ha accettato di entrare alla casa dell’Otto Marzo, però era già troppo tardi, dopo due giorni è stata ricoverata in ospedale dove e morta 10 giorni più tardi. Quando andavamo a trovarla, diceva che voleva tornare nella sua casa, una casa dove visse solo due giorni. Il suo corpo è stato vegliato nella casa del Mojoca dalle sue compagne e compagni che durante tutta la notte hanno pregato, pianto, cantato canzoni di amicizia e d’addio, ricordato episodi della sua vita. L’indomani in mattinata, una buona cinquantina di ragazze e ragazzi l’hanno accompagnata al cimitero centrale. Anche le ragazze hanno voluto portare sulle loro spalle, non un’immagine, ma il corpo stesso di Cristo crocefisso nella strada.

 

ORA LE RAGAZZE E RAGAZZI DIRIGONO IL LORO MOVIMENTO

 

El Altón e la Carlita, due altri nomi nel martirologio infinito della strada, due vittime dell’ ingiustizia. Queste morti da una parte provocano una grande tristezza e una grande rabbia , ma allo stesso tempo ci incoraggiano a continuare la nostra lotta assieme alle ragazze e i ragazzi di strada. Così, sabato scorso, 8 Aprile abbiamo celebrato una Assemblea Generale del Mojoca, dove le ragazze e i ragazzi hanno approvato la transizione all’autogestione e i nuovi Statuti del Mojoca. Nel mese di Settembre del 1996, un gruppo di più di 60 ragazze e ragazzi dei gruppi principali della strada si erano radunati presso il lago di Amatitlán, a 30 Km. dalla capitale, dopo una giornata di lavoro, avevano deciso di fondare un movimento autogestito.

 

Sono stati necessari 10 anni per realizzare questo sogno. Ora saranno i ragazzi e le ragazze stessi a prendere le decisioni, e noi adulti saremo solo consiglieri che li accompagnano e li aiutano a formarsi. Il movimento riprende i valori fondamentali della strada: l’autogestione e il rispetto della libertà di ogni ragazza e ragazzo per permettere loro di difendere i loro diritti e di promuovere la formazione di ogni persona, la realizzazione dei propri sogni. L’Assemblea ha anche eletto un settimo ragazzo nel comitato di gestione. Non mi è stato possibile, per mancanza di fondi, eleggere, come si pensava prima, due altri giovani in questo comitato.

 

Ora bisognerà lavorare affinché l’autogestione diventi effettiva. Da questo pomeriggio iniziamo un seminario per riorganizzare il Mojoca dando un’importanza fondamentale alla scuola e alla formazione professionale. Ma di questo vi parlerò in un altra lettera.

 

La casa dell’8 Marzo funziona bene, anche se non mancano le difficoltà: non è facile per le ragazze uscire d’ un colpo dalla strada e dalla droga. Però si sforzano e riescono a superare gli inevitabili momenti di scoraggiamento o di debolezza. È una nuova esperienza, una nuova avventura per noi e sono molto soddisfatto dei risultati fin’ora ottenuti.

Vi ringrazio per l’appoggio d’amicizia che continuate a dare alle ragazze e i ragazzi, per la vostra generosità, per la vostra creatività.

 

Un forte abbraccio da parte mia, e di tutti le ragazze e i ragazzi del Mojoca,

 

Gerardo Lutte