il progetto + APPROFONDIMENTI + 1999 - filosofia del movimento

LA PEDAGOGIA DELL’AMICIZIA LIBERATRICE 

Relazione introduttiva  per la riunione di formazione delle accompagnatrici e accompagnatori del movimento di giovani di strada,  8 Ottobre 1999

Mi sembra necessario ritornare a prendere una coscienza chiara di quali siano gli obiettivi del movimento e del metodo per raggiungerli, che è la pedagogia della liberazione. La pedagogia della liberazione non è una lista di attività o di attrezzi, ma attitudini di base, principi fondamentali che devono orientare le nostre attività e soprattutto le nostre relazioni con le ragazze ed i ragazzi e tra di noi.

Ricordo due principi base:

  1. I più poveri, i più esclusi, quelli che sono considerati gli ultimi, sono le persone più importanti, le persone più capaci di cambiare il mondo liberandosi loro stesse. Per i credenti, nella prospettiva della teologia della liberazione, queste persone sono per eccellenza il Cristo vivente, le ragazze ed i ragazzi della strada sono i figli preferiti di Dio.

  2. Solo queste persone possono liberarsi e migliorare la società liberandosi. Non possiamo regalare loro la liberazione, ma solo aiutarli essendo allo stesso tempo aiutati da loro nella nostra lotta personale di liberazione, di ricerca della felicità. Non è possibile raggiungere gli obiettivi del movimento senza credere nelle e nei giovani di strada, nella loro intelligenza, nei loro valori, nel loro cuore, nella loro capacità di cambiare e di lottare, di diventare responsabili del loro movimento.

Il vostro lavoro è il servizio alle ragazze ed ai ragazzi di strada, la classe più emarginata della società, come mi diceva un ragazzo di strada. Noi abbiamo il privilegio di servire le persone più importanti del mondo. Ogni giorno allo svegliarci, dobbiamo ricordarci questo, sentirci pieni di allegria per questo dono che abbiamo ricevuto, ricordare che le ragazze ed i ragazzi di strada sono i padroni del movimento, del denaro che riceviamo dalla solidarietà e dall'Unione Europea, che loro, non noi, sono i padroni della casa che affittiamo e che spero, andremo a comprare.

Sempre dobbiamo chiederci, più volte al giorno, se abbiamo un’attitudine di servizio o di comando. Loro sono quelli che devono comandare.

Voi mi chiederete: come è possibile che ragazze e ragazzi che si drogano, che rubano, che sono violenti, instabili, possano diventare padroni del movimento e comandarci?

Un paragone ci potrà aiutare a capire questo concetto: quando in un regno muore il re mentre il principe o la principessa ereditaria ancora è una bambina incapace di regnare, altri prendono  temporaneamente e subordinatamente la direzione del Paese, preparando il principe o la principessa ad assumere le proprie responsabilità, rendendolo partecipe progressivamente al governo, avendo sempre verso di lui un atteggiamento di infinito rispetto.

E' chiaro che il movimento non è un regno, ma un'associazione democratica di persone uguali, e il nostro atteggiamento deve essere non solo di rispetto, ma un modo più esigente di amicizia. L'amicizia è l'atteggiamento fondamentale, il modo di relazionarsi agli altri, che caratterizza il metodo della pedagogia della liberazione. L'amicizia è la forma più nobile ed esigente dell'amore, il modello ideale delle relazioni tra le persone umane. Non è possibile fare un buon lavoro con le ragazze ed i ragazzi di strada senza amarli  d'amicizia , amare ognuna ed ognuno di loro, senza essere preoccupati per la felicità, la dignità, la salute, l'istruzione di ciascuna e ciascuno di loro, senza soffrire quando soffrono,  quando sono malati, quando sono umiliati, quando sono cacciate e cacciati dalla propria casa. L'amore d'amicizia, amore spirituale, disinteressato, etico, meglio la passione d'amicizia che pone al centro della nostra vita, dei nostri progetti, dei nostri pensieri, dei nostri sogni la felicità delle ragazze e dei ragazzi di strada, deve essere la base del nostro impegno, una base necessaria, indispensabile. L'amore di amicizia ci da la spinta necessaria, l’entusiasmo per portare avanti il nostro impegno, ci aiuta a superare le frequenti delusioni, ci rende creativi.

Dobbiamo farci individualmente, quotidianamente e più volte al giorno e in gruppo una volta alla settimana, una radicale revisione di vita per vedere se il nostro atteggiamento verso le ragazze ed i ragazzi è di rispetto, di amicizia, se li trattiamo come i padroni del movimento e della casa, se non diciamo frasi che possano offenderli ed escluderli, se quando facciamo errori, offendendo uno senza volerlo, non ci comportiamo come padroni e padrone, se chiediamo perdono loro, se cerchiamo di trovare una riconciliazione che sia con persone o con gruppi. Dobbiamo sempre chiederci se facciamo tutto il possibile per rendere partecipi i giovani e le giovani alle decisioni, alla programmazione. Dobbiamo chiederci di continuo se le nostre attività servano per veder rispettati i loro diritti fondamentali: il diritto al rispetto, alla vita, alla alimentazione, alla salute, ad un tetto, all'istruzione, al lavoro perché è solo lottando per il rispetto dei loro diritti che le ragazze ed i ragazzi possono prendere coscienza e ritrovarsi effettivamente padroni e padrone del loro movimento.

Si corre il rischio, non dobbiamo nasconderlo, che il movimento sia una istituzione come le altre, forse con un discorso differente, ma con lo stesso modo di organizzare che mantiene in un ruolo secondario i ragazzi e le ragazze, e lascia più potere alle accompagnatrici ed agli accompagnatori, più privilegi così da rimanere nella realtà i padroni e le padrone del movimento. Sarebbe utile investigare su quello che sentono i ragazzi, rispetto a chi detiene il potere nel movimento.

Devo essere totalmente sincero con voi e dire che sento troppo risentimento e malintesi da parte delle ragazze e dei ragazzi verso il movimento o verso qualche accompagnatore, a volte si sentono  esclusi. Io soffro quando vedo che una giovane od un giovane della strada non possa entrare nella sua casa, non possa avere il cibo, anche se comprendo la necessità di regole, di lottare contro l'assistenzialismo. Ma è necessario avere una immensa prudenza in questi casi,  le regole devono essere decise e applicate dai giovani stessi,  le sanzioni devono  essere comunicate con dolcezza, con amore, con la massima preoccupazione di recuperare il giovane escluso, spiegandogli sempre la ragione delle decisioni, facendogli proposte concrete perché possa ritornare il più rapidamente possibile. “Razón y corazón”, ragione e cuore,  sono i due pilastri del nostro impegno. Dovremo rileggere l'inno di Paolo all'amore: amore paziente, amore che sempre perdona, amore che non offende, amore che da fiducia. Se non abbiamo fiducia alle ragazze e ragazzi di strada, non ha senso lavorare con loro.

Vorrei oggi  riparlare delle tappe del  processo della presa di coscienza e dell'autogestione del movimento, non in modo teorico, ma partendo  dalle vostre storie di vita. Già lo facemmo la prima volta che ci siamo radunati per un giorno di formazione, ma credo che sia utile rifarlo di nuovo perché la maggior parte del gruppo non partecipò a questa riunione,  soprattutto perché conoscere meglio ciascuna persona del gruppo degli accompagnatori è importante per rafforzare la stima reciproca e l'unione del gruppo. Quindi  chiederò a ciascuno di voi di raccontare la sua storia di vita centrata sulla presa di coscienza socio-politica, in particolare sulla propria esperienza personale di impegno con il movimento, sulla propria visione del movimento, dei suoi obiettivi, di come raggiungerli.

Considerando le vostre storie ed altri di giovani intervistati, cercherò di evidenziare gli aspetti essenziali della pedagogia della liberazione, applicandola ai giovani di strada.

IL PROCESSO DI COSCIENTIZZAZIONE E DI IMPEGNO NELLA LOTTA POPOLARE.

1.        Natura del processo di coscientizzazione.

Come una ragazza od un ragazzo che vive nella strada, che in generale ha studiato poco, non ha  avuto la possibilità di sviluppare strategie cognitive complesse, che non è abituato a riflettere sulla società, che legge nulla o poco, che vive girovagando, che è costretto per sopravvivere a chiedere l’elemosina, a rubare o  offrire servizi sessuali, che non ha una casa, che inala solvente per molte ore ogni giorno, possa decidere di fare parte ad un movimento e lottare per il cambiamento di società?

Si tratta di un processo molto lungo e complesso, che interessa tutta la persona e che comporta una presa di coscienza con varie tappe:

-          rendersi conto che non si sente a proprio agio, che è emarginato, che i suoi diritti non sono rispettati;

-          rendersi conto che tutte le giovani ed i giovani di strada vivono questa ingiustizia;

-          rendersi conto che questa condizione non è naturale, che non dipende dalla colpa dei giovani di strada o delle loro famiglie, ma dall'organizzazione della società, della violenza delle classi opprimenti;

-          prendere coscienza che questa situazione possa cambiare se gli emarginati prendono coscienza, se si organizzano, se elaborano progetti differenti di società, se si uniscono alle altre organizzazioni popolari per cambiare la società.

La presa di coscienza comporta elaborazioni graduali molto complesse, deve essere approfondita durante tutta la vita, non è mai totalmente compiuta.  Comporta aspetti differenti, non necessariamente legati tra loro: c'è una coscienza nazionale rispetto al dominio dei Paesi ricchi e delle multinazionali; una coscienza di classe rispetto allo sfruttamento delle classi dominanti; una coscienza di età o di generazione nei confronti all'egemonia degli adulti; una coscienza di genere nei confronti all'oppressione del maschilismo. Una coscienza di strada nei confronti all'emarginazione della società e tante altre forme di coscienza rispetto alle relative forme di oppressione: coscienza etnica, omosessuale, degli handicappati, ecc.

Ma per impegnarsi nell'organizzazione e nella lotta è necessario   molto più che una presa di coscienza, ossia che un modo diverso di vedere la realtà sociale e personale. E’ necessario  un cambio dei valori e dei progetti di vita, una profonda ristrutturazione della personalità, del comportamento, delle relazioni con gli altri e con sé stessi, una ridefinizione di sé stesso, della propria identità. Il passo dall'indifferenza al impegno militante può essere paragonato alla conversione religiosa: è una rivoluzione in tutta la persona.

2.        L'età della presa di coscienza e dell’ impegno socio-politico.

In varie inchieste realizzate con giovani Nicaraguensi, Italiani, e di altri quindici Paesi asiatici, africani, dell'America latina e dell'Europa, ho constatato che la presa di coscienza ed il impegno per cambiare la società non si verificano normalmente prime dell'età adolescenziale, sebbene si possano trovare alcune anticipazioni nell'infanzia, sotto l'influenza di circostanze politiche particolari o di genitori impegnati nelle lotte sociali e politiche.

Durante l'adolescenza, i giovani acquistano le capacità cognitive degli adulti, che permettono loro di comprendere la società ad un livello più astratto, rendersi conto delle cause socio-economiche delle ingiustizie, e immaginare altre forme di organizzazione sociale. Inoltre, durante l'adolescenza i giovani desiderano e diventano capaci di attuare in modo autonomo e responsabile, come devono fare gli adulti. E' la fase della vita, nella quale i giovani diventano capaci di prendere decisioni che compromettono una vita, nella quale sono capaci di partecipare alla vita sociale e politica.

Con le bambine ed i bambini di strada la situazione si presenta differentemente: già sono diventati indipendenti dagli adulti, sanno come sopravvivere, hanno sviluppato strategie cognitive complesse, diverse da quelle insegnate a scuola, che servono loro a sopravvivere nella giungla urbana, quindi non è impossibile che possano arrivare ad una presa di coscienza più rapida rispetto alle bambine ed i bambini che sono protetti e dipendenti dalla loro famiglia. Ma devono affrontare altri ostacoli: la mancanza di istruzione, i problemi psicologici dei quali soffrono, la mancanza di autostima, l'uso della droga. Io penso che bambine di dieci- dodici anni come Michèle, Jacqueline  o Grecia siano capaci di prendere coscienza e impegnarsi nel movimento

Dire che l’adolescenza  è abitualmente il tempo della presa di coscienza, non significa che questo avvenga necessariamente durante questo periodo: significa solo che le o gli adolescenti diventano capaci di coscientizzarsi, di identificarsi con un movimento di liberazione, ma abitualmente queste decisioni dipendono non dall'età, ma da circostanze favorevoli come l'incontro con persone che facilitano scelte personali. La presa di coscienza può verificarsi a qualsiasi età, nell'età adulta fino alla vecchiaia. Gli itinerari che conducono alla presa di coscienza ed al impegno militante sono così numerose come le persone, uniche ed eccezionali come loro. Ci sono circostanze che possono favorire o ostacolare la presa di coscienza ed all’impegno militante, che in tutti i modi è una scelta personale; e questo spiega perché giovani sottomessi all'influenza delle stesse circostanze, che sono compagne e compagni di scuola, di lavoro, sorelle o fratelli, membri della stessa banda, facciano  scelte differenti. L’ impegno è una scelta  libera.

3.        Gli ostacoli alla presa di coscienza.

Per comprendere gli itinerari della presa di coscienza, è utile considerare non solo i fattori facilitanti, ma anche gli ostacoli che la rendono difficile. Le biografie che ho analizzato permettono di constatare che le istituzioni educative, la famiglia, la scuola, la chiesa inclusi i sindacati ed i partiti di sinistra, raramente appaiono come luoghi di coscientizzazione: ci sono eccezioni, ma rimangono tali.

Abitualmente i genitori cercano di integrare i giovani nel sistema sociale, li orientano ad una ricerca di esito individualista, o all'amore per i figli, o per desiderio di compensare i propri insuccessi li incitano alla ricerca di una posizione sociale di prestigio, e ad evitare i rischi di impegnarsi con organizzazioni di liberazione. Ma la famiglia può favorire la presa di coscienza mediante l'educazione, i valori che trasmette: la solidarietà, il senso di responsabilità, il rispetto e l'amore per gli altri.

La scuola, ancora più della famiglia, è un fattore di integrazione e di riproduzione delle disuguaglianze sociali. Le bambine ed i bambini delle classi povere spesso non hanno la possibilità di frequentare la scuole o conseguono insuccessi scolastici che li spingono ad abbandonare gli studi, che li umiliano, li convincono di essere incapaci di studiare. Normalmente i giovani poveri che abbandonano gli studi sono convinti che la loro decisione sia libera, di non essere interessati alla scuola, pertanto si ritengono responsabili di quello che in realtà è il risultato di una selezione ed esclusione sociale.

Inoltre la scuola trasmette l'ideologia dominante che maschera le disuguaglianze sociali e le loro cause, impedisce la formazione dello spirito critico e alimenta il conformismo, la docilità intellettuale, l'individualismo e la competitività, e per ottenere questi obiettivi, la scuola non ricorre solamente ai contenuti dell'insegnamento, ma anche alle relazioni gerarchiche di dominio-sottomissione e di controllo, e non di democrazia e collaborazione.

Tuttavia la scuola può favorire l'emancipazione con le conoscenze che trasmette, aiutare a costruire strumenti intellettuali. A volte un insegnante può favorire la presa di coscienza: è quello che succede frequentemente nella scuola durante i tempi di contestazione con i movimenti studenteschi.

In generale la chiesa gerarchica favorisce la sottomissione dei giovani e degli sfruttati, nelle donne sacralizza questa sottomissione. Anche qui ci sono eccezioni: comunità, persone, sacerdoti, perfino vescovi, che si convertono a Cristo nei poveri e diventano “facilitatori” per la presa di coscienza ed al impegno per la liberazione personale e collettiva.

4.        Il processo di coscientizzazione.

      4.1     Il punto di partenza: il sentimento di malessere.

Alla base della presa di coscienza, c'è un sentimento diffuso di malessere, di frustrazione, di scontento nei confronti della società e nei confronti di se stessi, la sensazione di non essere rispettati, di non poter soddisfare le aspirazioni umane fondamentali. In questo tempo di mondializzazione neo-liberale, della dittatura mondiale del denaro, la maggioranza dei giovani, delle persone delle classi popolari, degli abitanti del cosiddetto Terzo Mondo, soffrono di queste frustrazioni, non sono rispettate come persone umane, soffrono la violenza dello sfruttamento e dell'esclusione. I bambini, le bambine, i giovani di strada sono la punta estrema di questo processo mondiale e nazionale di esclusione, persone inutili per il profitto e la produzione di ricchezza. Sono le persone che più soffrono nel proprio corpo, nell'anima, nel cuore, della crudeltà dei padroni del pianeta; sono anche le persone che più necessitano di un radicale cambiamento di società.

Ma i sentimenti di frustrazione e di malessere, da soli, non portano all’impegno; al contrario, possono favorire atteggiamenti individualistici e di fuga, l'evasione nel consumismo, la delinquenza, la tossicodipendenza. Vorrei fare l'elogio della tossicodipendenza e della delinquenza, che è già una contestazione, sicuramente non la più adatta, all'ingiustizia subita, che manifesta una non accettazione, ma che non cambia la situazione.

4.2     L'inizio della coscientizzazione: l'amicizia ed il gruppo.

Per dare una risposta costruttiva alle frustrazioni dei giovani è necessario basarsi sulle necessità che sperimentano intensamente: necessità di amicizia, di vita di gruppo, di essere rispettati e trattati come persone autonome. Il gruppo della strada e le bande giovanili dei quartieri popolari sono mezzi per creare una società alternativa a quella che esclude  ed opprime.

Ho constatato in molte storie che la presa di coscienza abitualmente inizia con un incontro, con l'amicizia con una compagna, un compagno. All'inizio c'è l'amicizia, perché l'amicizia da una risposta a molte necessità della persona umana. L'amicizia permette l'identificazione con la persona incontrata; parlando di incontro, parlo di inizio di una relazione profonda nella quale si dialoga, si tratta l'altra persona come persona umana, che va rispettata, ascoltata, aiutata, amata. L'amico si converte in modello da imitare; all'inizio del processo di presa di coscienza non c'è, abitualmente, un processo intellettuale, ma un'amicizia. L'aspetto emotivo quindi, è sommamente importante, la persona nella sua totalità si trova coinvolta. Per affrontare le rinunce ed i rischi che comporta l’impegno militante, è indispensabile qualcosa di più della semplice comprensione intellettuale, è indispensabile l'impulso affettivo che sorge dall'amore reciproco tra amici ed amiche.

Il processo di identificazione abitualmente si verifica tra persone dello stesso genere, tra ragazze o tra ragazzi. Quindi è indispensabile la presenza nei gruppi misti di un accompagnatore di ciascun genere, come è indispensabile considerare che nelle relazioni tra persone giovani di generi differenti, entrano in gioco fattori di attrazione che possono ostacolare, più che facilitare, un processo di identificazione militante.

L'iniziazione non si realizza solamente in una relazione tra due, se non soprattutto in un gruppo, perché il gruppo da una risposta a molte necessità dei giovani. Per questo è importantissimo lavorare come voi già fate con i gruppi di strada, tentando di formare il movimento come confederazione dei gruppi di strada, lavorare perché ciascun gruppo possa riconoscersi come parte integrante del movimento che non si può identificare con uno o due gruppi.

4.3     Il dialogo sul vissuto personale.

Dopo la formazione di relazioni di amicizia con gruppi di giovani, come si sviluppa il processo di coscientizzazione? In principio, consiste essenzialmente nel fare, in modo più sistematico e profondo, quello che si fa in maniera spontanea in ogni gruppi di amici e di amiche: parlare dei propri problemi, delle proprie esperienze. Dunque, in modo progressivo l'accompagnatore orienterà a trovare le cause e le possibili soluzioni.

Piace a molti giovani parlare di sé quando sono ascoltati con rispetto. Alcuni sono più timidi, non sono abituati ad esprimere pensieri e sentimenti intimi, necessiteranno di più tempo per aprirsi, uscire dal proprio guscio ed esteriorizzarsi; ma la necessità di esprimersi, essere ascoltati con attenzione e senza rischio di essere giudicati, essendo al contrario rispettati ed accettati, è un'esigenza fondamentale di ciascuna persona umana che ha bisogno di essere riconosciuta nel mistero della sua unicità, di uscire dall'anonimato e dall'uniformità che cancellano  l’individualità nelle nostre società, computerizzate. Il dialogo tra le persone è indispensabile per lo sviluppo personale, al punto che si può dire che una persona non può evolversi in persona e riconoscersi come tale se non viene riconosciuta così nel dialogo con un'altra persona.

4.4 Senza azione per dare una risposta alle necessità vitali, non c'è presa di scienza e impegno, non si forma il movimento.

Una tappa importante è il passo dalla presa di coscienza all’impegno militante, è l'iniziare azioni per risolvere un problema concreto, rispondere ad una necessità vitale dei giovani. L'azione educativa non può limitarsi a discussioni che rapidamente annoiano, soprattutto se non si riferiscono a problemi vitali dei giovani, deve essere strettamente legata ad azioni per migliorare le condizioni di vita dei giovani. Per esempio, l'azione della JOC si riassume nella premessa "Vedere, Giudicare, Agire", nella quale il vedere ed il valutare sboccano nell'attuare. L'azione deve sempre partire dai problemi più urgenti per i giovani; nel nostro caso: le difese contro le retate della polizia, le violenze degli studenti, le violazioni e gli assassinii, la difesa del diritto ad un tetto per i gruppo de “la Parroquia” o del Concordia, la alfabetizzazione, la formazione professionale, gli studi successivi alla scuola media, le cure, l’allevamento delle figlie e figli delle ragazze di strada, il lavoro e l’alloggio per chi vuole uscire dalla strada

La prima tappa dell'azione è l'analisi del problema e delle sue cause, la pianificazione della lotta che comporta la definizione degli obiettivi che si devono conseguire - non solo la soluzione del problema concreto, ma anche la formazione dei giovani e l'espansione del movimento - dei mezzi che si devono mettere in pratica e delle varie tappe che si devono prevedere. Si deve mantenere l'obiettivo della partecipazione all'azione per tutti i giovani di un gruppo, in alcuni casi di tutti i gruppi e di altre istituzioni. Così il movimento si converte in avanguardia dei tutte le giovani e tutti i giovani di strada. Un'azione non deve essere isolata, ma dovrebbe essere programmata come l'inizio di un processo più ampio che dovrà svilupparsi per raggiungere obiettivi sempre più importanti per i giovani di strada.

Nel corso dell'azione di cercherà anche di affidare responsabilità a giovani che non fanno parte del movimento con il fine di fargli prendere confidenza con se stessi, e rendersi conto che è possibile fare qualcosa. Il processo di formazione nell'azione si completa mediante una revisione critica in due tappe: con tutti i giovani e con tutti i responsabili.

La pedagogia della liberazione prevede tappe nella formazione del militante. Nel movimento si distinguono:

-        quelli che ancora non partecipano, che si incontrano nella strada e che vengono invitati alle attività.

-          quelli che partecipano in modo regolare (gruppi intermedi);

-  quelli che partecipano in modo regolare ed assumono responsabilità nella programmazione, attuazione e valutazione;

-          quelli che assumono responsabilità complete (proposta a Janette e Mayra).

La JOC dalla sua parte prevede le tappe seguenti:

-          la tappa del contatto con i giovani, i quali  sono invitati ad iniziative senza essere parte del movimento;

-        nella seconda tappa, si iscrivono al movimento, pagano la loro quota, partecipano alle riunioni periodiche, nelle attività, ai corsi di formazione, ma ancora non assumono responsabilità; importante mi sembra la formalizzazione del diventare socio del movimento;

-          nella terza tappa, si forma un gruppo di base dove analizzare le loro condizioni, iniziano a programmare, realizzare e valutare azioni concrete e a partecipare alle decisioni del movimento.

-        I responsabili a loro volta fanno parte di un gruppo dove hanno la possibilità di analizzare la propria vita ed il proprio impegno militante. Quindi, c'è un processo di formazione continua.

     In funzione del fatto che si evolve la coscientizzazione in azione, il militante viene iniziato  ad    altre tecniche di coscientizzazione e di conoscenza della realtà: inchieste, sessioni di formazione, incontri al livello nazionale od internazionale, scambi con altri Paesi.

4.5      Presa di coscienza, impegno e ristrutturazione della personalità.

La presa di coscienza e l'identificazione con un movimento corrisponde ad una ristrutturazione della personalità, del sistema di valori, dei progetti di vita, delle relazioni con gli altri, della visione del mondo. Le relazioni che si stabiliscono nei gruppi del movimento tenderanno ad aiutare alle ragazze a liberarsi del machismo ed a instaurare relazioni meno diseguali con i ragazzi. Anche la coscientizzazione ed il impegno militante aiutano a superare la timidezza, la mancanza di autostima, i sentimenti di inferiorità, di incapacità che alle volte sono percepiti come tratti naturali della personalità, mentre sono il risultato della marginalità e dell'umiliazione che soffrono per mantenere i giovani più poveri nelle loro condizione di emarginazione e di esclusione; la società dominante li convince che sono loro i responsabili ed i colpevoli delle proprie condizioni.

E' l'amicizia, la stima di quelli che si ama, insieme all'analisi della realtà ed all'azione per modificarla, che permettono di prendere confidenza in sé stessi, conoscersi meglio, scegliere valori personali, esprimere le proprie idee ed i propri sentimenti. Il gruppo di base permette di aprirsi agli altri, imparando a conoscere meglio sé stessi in un mutuo scambio di confidenze.

Anche le relazioni con gli altri cambiano profondamente; si fanno più intense, più amichevoli, più fiduciose; si apprende ad ascoltare, a comprendere, a rispettare. Anche la visione della vita, della società cambia radicalmente: i giovani di strada e delle classi popolari soffrono anche di una privazione culturale, non solo perché non hanno acquisito più che conoscenze, all'aver precocemente interrotto il ciclo scolastico, se non soprattutto perché hanno acquisito una geologia debole, senza troppi contenuti e strumenti critici, che paralizzano qualsiasi azione collettiva, perché si caratterizza come una specie di "fatalità della sconfitta".

Il movimento tenterà di liberare i giovani e le giovani di strada dalla fatalità della strada.

CONCLUSIONI: LA NECESSITA'  DELLA FORMAZIONE DEGLI ACCOMPAGNATORI

La formazione di un movimento è una sfida, un sfida immensa in conflitto con l'ideologia e con la pratica dominante del neoliberalismo: è un progetto difficile che incontra difficoltà non solo nella società, ma anche nelle ragazze e nei ragazzi di strada, ed in noi stessi. Esige una formazione continua al livello umano, spirituale, intellettuale e professionale: è un progetto di vita contro il progetto di morte della mondializzazione neo-liberale. Il nostro compito è di aiutare tutte le bambine, tutti i bambini di strada, non solo del centro storico della capitale, ma di tutta la capitale, se non di tutto il Paese a   formare il loro movimento come parte integrante del movimento popolare guatemalteco e mondiale. In questo servizio, in questa vocazione, in quest'amore passionale di amicizia per le bambine, i bambini e giovani di strada, dee e déi che manifestano lo splendore  e la forza dell'amore cosmico, possiamo incontrare il vero sentimento della nostra vita, la felicità che si trova solo nell'amicizia.

 

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